L’impegno politico per porre fine alla deforestazione sembra essere costantemente disatteso. A livello globale nel 2022 un’area di foresta tropicale, pari alle dimensioni della Svizzera, è andata perduta, con effetti sul lungo periodo potenzialmente devastanti. Basti pensare che, lo scorso anno, ogni minuto in Brasile sono andati persi l’equivalente di circa 11 campi in foresta. Ed è proprio il gigante sudamericano a guidare il triste primato della deforestazione.
COP26, la Dichiarazione dei leader
Uno dei momenti chiave della COP26, svoltasi a Glasgow nel 2021, è stata proprio la firma, da parte di oltre 100 leader mondiali, di una dichiarazione solenne per “arrestare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030”. A firmare, i leader di paesi che coprono circa l’85% delle foreste globali. Tra questi, anche l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che aveva però favorito un allentamento nell’applicazione delle leggi ambientali, per consentire nuovi insediamenti produttivi nella foresta pluviale amazzonica. Un’analisi realizzata da Global Forest Watch evidenzia però che l’impegno in terra scozzese rischia di rimanere l’ennesima lettera morta.
Deforestazione significa perdita di delicati equilibri
Le perdite di foreste primarie tropicali sono considerate particolarmente critiche in relazione a fenomeni come il riscaldamento globale e la perdita di biodiversità. Le foreste pluviali in Brasile, Repubblica Democratica del Congo e Indonesia assorbono enormi quantità di gas serra. L’abbattimento o la combustione delle foreste più antiche contribuisce a immettere il carbonio immagazzinato nell’atmosfera, facendo salire le temperature in tutto il mondo. Le foreste sono però essenziali anche per non alterare i delicati equilibri della biodiversità e favorire il sostentamento di milioni di persone. Funzioni che non possono essere facilmente sostituite con azioni come il piantare alberi altrove, perché le foreste si sono sviluppate in un periodo di tempo estremamente lungo generando delicati ecosistemi.
Nonostante un quadro generale che evidenzia azioni di deforestazione senza sosta, alcuni sviluppi positivi dimostrano che è possibile mettere un freno al fenomeno. L’Indonesia ha ridotto la perdita di foresta tropicale primaria più di qualsiasi altro paese negli ultimi anni, in particolare dal massimo storico registrato nel 2016. Un risultato che dipende tanto dall’impegno dei governi quanto dalle politiche di sviluppo delle aziende. Nel 2019 è stata resa permanente una moratoria sul disboscamento di nuove piantagioni di olio di palma, mentre sono stati intensificati gli sforzi per monitorare e limitare gli incendi. Se il mondo vuole mantenere le temperature globali al di sotto della soglia critica di 1,5°C, resta poco tempo per invertire la rotta sulla deforestazione.
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